Sigmund Freud già si era espresso sul tema, agli albori della Prima Guerra Mondiale, nel testo del 1915 dal titolo Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, in cui ribadiva come la Psicoanalisi fosse giunta alla conclusione che “gli impulsi primitivi, selvaggi e malvagi dell’umanità non sono scomparsi ma continuano ad esistere, sebbene allo stato represso, nell’inconscio degli individui”, pronti a riemergere alla prima occasione.
Il nostro intelletto, continuava, è debole, gingillo e strumento delle nostre emozioni.
Ed ecco “le crudeltà e le ingiustizie, di cui si rendono responsabili le nazioni più civili, la malafede con cui esse giudicano le proprie menzogne, le proprie iniquità e quelle dei propri nemici” e l’impossibilità per tutti di avere un giudizio sereno e veramente libero.
La domanda che, vent’anni dopo, nel famoso carteggio del 1933 dal titolo Perché’ la guerra? Albert Einstein pone a Freud è: c’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra? E com’è possibile, insiste, che una minoranza interessata soltanto ad arricchirsi attraverso la vendita delle armi, e che vede nella guerra l’occasione per promuovere i propri interessi economici e politici, riesca ad asservire la maggioranza del popolo, che da una guerra ha solo da soffrire e da perdere?
Naturalmente, sottolinea lo scienziato, essa ha alcuni strumenti forti come la stampa, la scuola e le organizzazioni religiose, ciononostante rimane l’interrogativo su come il popolo si lasci infiammare fino al sacrificio di sé.
Per Freud non c’è speranza di sopprimere le tendenze aggressive degli uomini: possono solo essere deviate in modo che non portino alla guerra. Si può cercare di creare legami emotivi, di solidarietà tra gli uomini per impedirne la deflagrazione ma è tutto molto difficile da ottenere.
L’unica soluzione sarebbe assoggettare queste pulsioni alla ragione, sarebbe rafforzare l’intelletto attraverso la cultura, attraverso valori etici trasmessi dalla scuola, dalla famiglia, avere insomma un atteggiamento innato più civile, insieme al giustificato timore degli effetti devastanti della guerra.
Non esistono guerre giuste: ogni guerra travolge e uccide quei popoli che non l’hanno scelta ma ne subiscono il peso mortifero.
Conclude Freud: “nessuna pace è così iniqua da non essere preferibile alla più equa delle guerre” e anche quando si vince “il danno supera sempre il guadagno”.
Poco dopo le considerazioni e gli ammonimenti dei grandi intellettuali succitati scoppierà la Seconda Guerra Mondiale, con gli orrori e i crimini commessi dal Nazismo.